Lo scorso 14 agosto, nel bel mezzo dell’estate, un piccolo tsunami ha scosso il meritato riposo degli abitanti di Ponte Caffaro. 

Con l’ordinanza n°100 del 14.08.2024, la sindaca Carè vietava l’utilizzo potabile e igienico senza bollitura delle acque provenienti dalla sorgente Fontanelle in loc. Ricco Massimo di Storo, acque in gestione al Consorzio civico degli utenti di Caffaro, ente che rappresenta un unicum nel panorama delle privatizzazioni dei beni pubblici lombardi e dell’intero stivale.

Le motivazioni derivavano dal superamento dei limiti previsti per il parametro “solfato”, accertato nell’analisi periodica e che poteva rappresentare una preoccupazione e un rischio per la popolazione.

Contestualmente, con l’ordinanza n°101, veniva ordinato ad A2A Ciclo Idrico di provvedere all’immediata esecuzione di tutte le opere necessarie per il collegamento del nuovo pozzo denominato “Campini” per la miscelazione della rete acquedottistica di Ponte Caffaro, al fine di garantire il fabbisogno della popolosa frazione.

La situazione pareva rientrata con l’ordinanza numero 103 del 21 agosto, che revocava l’ordinanza numero 100, perché erano nel frattempo: “ripristinate le condizioni qualitative delle acque dell’acquedotto della Frazione di Ponte Caffaro”.

Nei 7 giorni trascorsi tra l’ordinanza e la sua revoca, nessuna indicazione è giunta dal comune. Quelle acque, oltre al consumo domestico, sono utilizzate anche da attività commerciali e nessuna informazione aggiuntiva è giunta riguardante la bollitura delle acque (forse era indirizzata ad un’altra frazione comunale?). Certo è che per un parametro minerale parlare di bollitura fa sorridere, se non preoccupare per la certa incompetenza di chi ha ordinato tale pratica; con la bollitura, il parametro non evapora ma si concentra.

In occasione del Consiglio comunale dello scorso lunedì 28 ottobre l’interrogazione del gruppo di minoranza ha fatto emergere, per bocca del vice sindaco Cattarina, le peggiori preoccupazioni: il pozzo, anziché essere utilizzato in via emergenziale e contingentata all’urgenza, alimenta tutt’ora parte della rete idrica della frazione.

Il pozzo gestito da A2A è sito a meno di 30 metri dall’alveo fiume Caffaro, fiume ben noto per portare con sé carichi organici importanti provenienti dal capoluogo (vox populi vox dei) e “pesca” le proprie acque da una falda molto vicina, se non comunicante nel reticolo ipogeo, che è quella del comune di Storo. 

Nulla di che, se non che i monitoraggi svolti in questi ultimi anni hanno accertato la presenza in quella falda di Pfas e Pfos, sostanze ineliminabili derivanti dall’industria chimica, i cui effetti sono tossici e cancerogeni.

Proprio in quei giorni d’agosto l’Appa Trento (Agenzia Provinciale per la protezione dell’ambiente) rilasciava un report allarmante che accertava la presenza di Pfas nelle falde di Storo e bloccava il rinnovo della concessione d’utilizzo di uno dei pozzi; quei composti sono stati trovati anche da ARPA Lombardia nelle acque superficiali del lago d’Idro.

Ci si chiede se, alla luce di queste notizie così gravi, la sindaca, in qualità di primo responsabile sanitario, avesse fatto le dovute valutazioni riguardanti la concessione del pozzo, perché, insomma, le acque di un tale pozzo possono essere più sicure delle acque provenienti da una sorgente naturale dolomitica?

E, soprattutto, avesse verificato che fossero stati effettuati i controlli per un tema così delicato? Si è magari rapportata col vicino sindaco di Storo?

Sempre a detta del vicesindaco Cattarina attualmente il monitoraggio dei parametri Pfas e Pfos è attivo ed in carico a… A2A. Quindi ora come ora il controllato è anche il controllore, ma tutti noi siamo sicuri che questo sia in buonissima fede.

Quello che è certo è che non sappiamo come la situazione stia evolvendo. Si stanno prendendo tutti i provvedimenti per ripristinare l’utilizzo esclusivo della sorgente dolomitica? O dovremo continuare a bere l’acqua miscelata con quella del pozzo, ben sapendo che ha un potenziale di rischio per la salute decisamente più elevato?

Chissà. A nostro avviso no, ma si sa, a pensare male si fa peccato: e dall’autorizzare un buco in terra ad arrivare ad buco nell’acqua, se non peggio, è un attimo.

Dalla frazione c’è molta preoccupazione.

Ordinanze citate nell’articolo