Quando si parla di acqua potabile, le mezze risposte non bastano. È per questo che, lo scorso gennaio, abbiamo presentato un’interrogazione per fare luce sulla gestione dell’acquedotto comunale di Ponte Caffaro nel 2024. Lo abbiamo fatto con spirito costruttivo e con domande precise: quanto pozzo è stato usato? Quando? Perché? E soprattutto: cosa stiamo davvero bevendo?
Ora, dopo aver ricevuto la risposta del Comune, possiamo dirlo con chiarezza: qualche dato è arrivato, ma la trasparenza è rimasta in superficie. E la sostanza — quella che conta nei bicchieri dei cittadini — è ancora tutta da chiarire.
I numeri (parziali) ci sono, ma la qualità resta un’incognita
Il Comune ha indicato i volumi totali annui di acqua prelevata nel 2024:
- 117.067 metri cubi dalla fonte dolomitica
- 33.706 metri cubi dal pozzo “Campini”
Totale: 150.773 metri cubi. Il pozzo ha dunque fornito oltre il 22% dell’acqua distribuita a Ponte Caffaro.
È stato anche allegato l’andamento mensile del parametro “solfato”, l’unico a ricevere un’attenzione puntuale. Ma per giudicare la qualità dell’acqua che beviamo, servirebbero molte più informazioni: PFAS, PFOS, nitrati, metalli, batteri, odore, sapore, torbidità… tutti grandi assenti.
Insomma: ci viene detto quanta acqua è stata presa e perché — ma non cosa c’era dentro.
Un pozzo “di emergenza”… usato con troppa generosità?
La narrativa ufficiale parla di un uso “limitato e necessario” del pozzo comunale per abbassare i solfati nella rete. Ma guardando bene i dati forniti, emerge una realtà diversa.
Il parametro solfato ha effettivamente superato i 250 mg/L (limite di legge) in diversi momenti alla sorgente dolomitica, ovvero prima della miscelazione. Ma quando guardiamo i valori dopo la miscelazione, nei punti di consegna (Via Caduti e Via Moretto), troviamo in moltissimi casi valori intorno ai 100 mg/L — ben più bassi del necessario per rientrare nei limiti.
Cosa significa? Che si è miscelato più del dovuto, utilizzando il pozzo in maniera estesa anche quando sarebbe bastata una correzione più moderata. Il risultato: acqua più trattata, più clorata, e con caratteristiche alterate, senza che sia mai stata fornita una giustificazione tecnica sui criteri adottati.
Cloro e silenzi: un altro buco nell’acqua
Nel frattempo, i cittadini segnalano da mesi un’intensa percezione di cloro nell’acqua. Eppure, nella risposta del Comune, non c’è traccia di valori sul cloro residuo, né di eventuali variazioni o interventi straordinari. Tutto si riduce a un generico richiamo alla “sicurezza”.
Manca anche qualsiasi riferimento ad analisi per la presenza di PFAS e PFOS, pur sapendo che il pozzo “Campini” attinge da una falda potenzialmente collegata con quella di Storo — dove queste sostanze sono già state rilevate in passato.
A2A dice che i dati ci sono. Ma dove sono?
In un recente comunicato pubblicato su Vallesabbianews, A2A Ciclo Idrico ha dichiarato di effettuare regolarmente controlli sul pozzo Campini, con analisi PFAS “ampiamente sotto i limiti”, e che tutti i dati rilevati sono disponibili per gli enti locali e le autorità competenti, cittadini inclusi, nel pieno rispetto della trasparenza.
Benissimo. Allora sorgono due domande inevitabili:
- Se A2A afferma che i dati sono disponibili, perché il Comune non li ha inclusi nella risposta alla nostra interrogazione?
- Se la cittadinanza è preoccupata e vuole chiarezza, perché da oltre un anno il Comune non comunica pubblicamente cosa sta accadendo all’acquedotto di Ponte Caffaro?
Quindi questa trasparenza tanto decantata? Solo quella dell’ordinanza
Infine, la comunicazione. Avevamo chiesto come mai i cittadini non siano stati informati chiaramente del ricorso al pozzo. La risposta? “È tutto nelle ordinanze.”
Peccato che nessuna ordinanza spiegasse che l’acqua sarebbe stata miscelata, né che avrebbe potuto cambiare gusto e odore.
Se la fiducia si costruisce con la trasparenza, questa occasione è stata persa.
Concludendo: vogliamo davvero sapere cosa beviamo
Questa vicenda non è un attacco, ma una richiesta semplice: chiarezza.
Chi gestisce un bene essenziale come l’acqua deve farlo con criteri trasparenti, documentati e spiegati ai cittadini. Non bastano le rassicurazioni, servono dati completi e accessibili. Non basta sapere che l’acqua è “a norma”, vogliamo sapere come, perché, e a che prezzo.
Per questo motivo, come gruppo consiliare, depositeremo a breve una nuova interrogazione, in cui chiediamo al Comune tutti i dati mancanti: analisi complete sulla qualità dell’acqua, criteri di miscelazione, informazioni sul cloro e sui PFAS, e un aggiornamento ai primi mesi del 2025.
Se i dati esistono, chiediamo che vengano messi nero su bianco. E se tutto è davvero sotto controllo, allora non c’è motivo per nasconderlo.
Andremo fino in fondo perché l’acqua è un bene di tutti, e la trasparenza non è un favore: è un dovere.